RESEt – Research and Education Svalbard Experience

Cari amici di MeteoMonteBaldo, vi segnaliamo il progetto didattico RESEt, portato avanti da una classe di liceo di Rovereto, invitandovi a sostenerlo.

Trovate tutte le informazioni cliccando qui.

RESEt è un progetto didattico innovativo di indagine scientifica ed esplorazione di una regione artica svolta a scopi principalmente educativi.

RESEt intende attingere al potenziale formativo contenuto nelle esperienze umane dell’indagine scientifica, del viaggio esplorativo e della narrazione per creare una nuova e profondaesperienza educativa ispiratrice per le scelte future degli studenti partecipanti.

Il percorso formativo è stato avviato nel Novembre 2014 ed ha lo scopo ultimo di condurre uno studio comparato ed interdisciplinare dell’ambiente montano trentino e di quello polare artico, al fine di rilevare analogie e differenze dei processi e dei cambiamenti naturali ed antropici. Il progetto si articola in numerose fasi ed attività, una di queste prevede di svolgere durante il secondo anno, nell’estate del 2016, un viaggio di visita ed esplorazione scientifica alle isole Svalbard, un arcipelago nell’artico norvegese, dove si trovano alcune basi scientifiche tra cui quella del CNR (Consiglio Nazionale delle Ricerche) che ci si propone di visitare. La classe seguirà un percorso conoscitivo dei contenuti delle scienze polari che prevede numerose occasioni di contatto e conoscenza diretta del lavoro dei ricercatori e del mondo della ricerca polare e ambientale.

Il contesto formativo in cui RESEt ha luogo si caratterizza per un’elevata autonomia dello studente e dei gruppi di lavoro che presiedono a tutti gli aspetti organizzativi, gestionali edeconomici del progetto inclusi quelli collegati all’autofinanziamento.

Il progetto si articola su tre anni scolastici e si avvale dell’esperienza professionale maturata da Matteo Cattadori, docente di Scienze della classe e promotore della presente iniziativa, nella realizzazione di progetti nazionali ed internazionali di comunicazione e didattica delle scienze polari.

 

 

 

 

 

 

“Le previsioni c'erano. Non bisognava andare”

A seguito delle disavventure vissute da alcuni escursionisti domenica 8 febbraio a causa del forte vento in Lessinia e riportate in questo articolo de L’Arena, lo stesso quotidiano ha intervistato il nostro presidente Lazzarini. Riportiamo qui sotto il testo integrale dell’intervista, apparsa su L’Arena del 10 febbraio.

«Bastava leggere le previsioni prima di incamminarsi in montagna: domenica pomeriggio non era una data per uscire con le ciaspole», denuncia Gabriele Lazzarini, per anni impegnato nel Soccorso alpino e oggi nel soccorso piste, esperto del Cai in nivologia e valanghe. È anche presidente delll’associazione Meteo Monte Baldo che ha sito e pagina Facebook dove le previsioni del tempo sono date con accuratezza, mirate al territorio Veronese. «Il vento di domenica pomeriggio non era imprevisto, ma atteso ed era così pericoloso che alle 15 avevano chiuso tutte le stazioni sciistiche del Trentino e dell’Alto Adige.
Sul nostro sito già sabato mattina scrivevamo che nel pomeriggio i venti sarebbero stati in aumento e le temperature in lieve calo in quota. Chi aveva intenzione di fare un’escursione con le ciaspole in quota, doveva sapere a che cosa andava incontro e attrezzarsi di conseguenza».
La Lessinia, senza difese naturali di catene montuose e di foreste, è particolarmente flagellata dai venti e quello di domenica che arrivava da Est e Nordest era un vento freddo di tipo siberiano. Nei giorni precedenti erano state registrate raffiche attorno ai 100 chilometri all’ora: una velocità ragguardevole per chi è a piedi ed esposto. La stazione meteo del Baldo aveva registrato anche una raffica massima di 176 km/h. In queste condizioni è facile il formarsi di mulinelli portati dal vento che sferzano e feriscono se colpiscono gli occhi o la pelle nuda del viso, come ha fotografato lo stesso Lazzarini domenica al Passo del Brocon nel gruppo del Lagorai dove gestisce il soccorso piste. «È comprensibile lo spavento e il freddo patito dagli escursionisti nel mezzo della bufera», spiega Lazzarini, «anche perché il freddo percepito, quantificato attraverso l’indice wind chill (letteralmente freddo da vento o indice di raffreddamento) calcola la temperatura percepita tenendo conto anche della velocità del vento: se il termometro segna –10°C, la temperatura percepita può essere fino a tre volte più bassa con vento a 100 km/h».
I consigli dell’esperto in caso ci si trovasse in queste condizioni di freddo e ventosità: abbandonare i tragitti in cresta o sui crinali e scegliere itinerari di fondovalle; considerare che se si parte con vento alle spalle, al ritorno è possibile che la direzione non sia cambiata e ci si trovi con il vento in faccia; tenere sempre nello zaino una giacca anche leggera ma antivento, con cuciture termosaldate, utile per riparare da vento e pioggia. V.Z.

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Le raffiche di vento di domenica 8 febbraio sollevano la neve sulle creste del Baldo (foto Chiara Salzani).

Meteo, la denuncia degli esperti: “Italia senza un servizio nazionale”

Riportiamo il testo di un articolo apparso oggi, 2 luglio, su Il Fatto Quotidiano (disponibile qui), che parla della situazione della meteorologia in Italia.

Meteo, denuncia esperti: “Italia senza un servizio nazionale”. Doveva nascere 900 giorni fa, previsioni in mano a privati.

Nel nostro Paese, invece, manca un servizio meteo nazionale civile. Doveva nascere 900 giorni fa, nell’ambito di un provvedimento legislativo del 2012 sul riordino della Protezione civile. Invece, si fa ancora affidamento all’Aeronautica militare. Che fa del suo meglio, ma il servizio che offre è nato per l’assistenza al volo e ha risorse limitate, soprattutto in tempi di spending review.

Nella maggior parte dei Paesi esiste da anni. Nel Regno Unito, ad esempio, c’è il Met Office, cui la Bbc fa esclusivo riferimento. A livello europeo l’Ecmwf, European centre for medium-range weather forecasts, una sorta di Cern della meteorologia, un ente transnazionale, con base a Reading, in Inghilterra, per le previsioni a medio termine, (4-7 giorni), di cui l’Italia è il quarto contribuente. Nel nostro Paese, invece, manca un servizio meteo nazionale civile. Doveva nascere 900 giorni fa, nell’ambito di un provvedimento legislativo del 2012 sul riordino della Protezione civile. Invece, si fa ancora affidamento all’Aeronautica militare. Che fa del suo meglio, ma il servizio che offre è nato per l’assistenza al volo e ha risorse limitate, soprattutto in tempi di spending review. In giornate in cui si annunciano caldo e afa record avere qualche certezza in più non guasterebbe.

“L’Italia, insieme alla Grecia, è l’unico Paese europeo a non avere un sistema meteo nazionale civile”, denuncia Federico Grazzini, meteorologo dell’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) dell´Emilia Romagna. Lo studioso – insieme ad altri 86 professionisti del settore della meteorologia e climatologia che operano in strutture istituzionali – si è fatto promotore di un coordinamento dal basso, denominato “previsorideltempo.it”. Gli scienziati chiedono al Governo di creare anche in Italia un “Servizio meteorologico nazionale distribuito”. “Nel nostro settore – spiega Grazzini – è necessario assicurare uniformità scientifica e deontologica che, vista l’attuale frammentazione degli enti istituzionali esistenti in Italia, in questo momento non è garantita, sia nei confronti di organismi internazionali, che dei cittadini che ne fanno richiesta. Soprattutto sul Web – aggiunge l’esperto -, la nostra professione è esposta, e spesso danneggiata, da fonti d’informazione che provengono da soggetti non istituzionali, come i privati. Con il rischio, per chi è tenuto a fornire previsioni istituzionali, non solo di perdere la propria credibilità, ma di essere soggetto anche a conseguenze civili e penali. Inoltre – continua lo studioso -, la meteorologia è importante anche in altri settori, come l’agricoltura o la produzione di energia: basti pensare allo sviluppo delle rinnovabili. Richiamiamo, quindi, l’attenzione di Governo e Parlamento – denuncia Grazzini – sull’urgenza di arrivare alla costituzione di un ente statale, capace di coordinare tutte quelle strutture che in Italia si occupano di meteorologia operativa”.

Per supplire a questa mancanza, intanto, molte regioni italiane si sono già dotate da alcuni decenni di strutture operative tecnico-scientifiche, i servizi meteo regionali, spesso incardinati nelle Arpa. Il rischio, però, è di andare incontro a duplicazioni, sovrapposizioni e sprechi di risorse, proprio per la mancanza di un coordinamento unico. Eppure il nostro Paese, anche per la sua particolare conformazione orografica e la sconsiderata cementificazione del territorio, è sempre più vulnerabile a eventi meteorologici intensi. “L’analisi dei dati e degli scenari climatici indicano chiaramente quanto il nostro Paese sia più esposto e fragile rispetto ad altri – sottolinea Grazzini -. Il nostro territorio è, infatti, al primo posto in Europa nella non invidiabile classifica del dissesto idrogeologico”.

L’ultimo “Rapporto di sintesi sul dissesto idrogeologico”, stilato dall’Ispra (l’Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale) e aggiornato al 2014, afferma, infatti, che l’8-10% della popolazione nazionale è esposta al rischio alluvione e il 7% del territorio al rischio frane – oltre un migliaio l’anno, secondo l’Ispra -, con 6180 punti di criticità stradali, 1862 lungo i 16mila km di rete ferroviaria, e un milione di cittadini a rischio. Il rapporto 2015 dell’Ispra sul “consumo di suolo in Italia” racconta, inoltre, di un Paese letteralmente asfaltato dal cemento. Il 20% della fascia costiera – oltre 500 Kmq, l’equivalente dell’intera costa sarda – è considerato irrimediabilmente compromesso, e 55 ettari di Penisola scompaiono ogni giorno, ingoiati dalla costruzione di nuove infrastrutture, insediamenti commerciali e dall’espansione di aree urbane a bassa densità.

Ma la confusione che regna nel settore delle previsioni meteo, e il vuoto rappresentato dalla mancanza di una struttura nazionale, hanno ricadute anche dal punto di vista accademico e lavorativo, incrementando la cosiddetta fuga dei cervelli. Il nostro Paese, infatti, è attualmente privo di una scuola di meteorologia, e questa disciplina nelle università sta scomparendo. “In Italia, proprio per la mancanza di un ente ad hoc, la professione del meteorologo non è certificata: chiunque può dirsi meteorologo – denuncia Grazzini -. Nel nostro Paese la formazione è inadeguata. La storica mancanza di un istituto nazionale civile di competenza riconosciuta nella meteorologia e nella climatologia – prosegue l’esperto – ha determinato nel tempo una frammentazione dei saperi. La situazione universitaria, ad esempio, è disastrosa. Non c’è una laurea in meteorologia e, con i pensionamenti degli ultimi professori ordinari che si occupavano di meteorologia, le cattedre di fisica dell’atmosfera sono ormai sguarnite. Una situazione – riflette Grazzini – in controtendenza rispetto all’estero, dove invece s’intensificano le ricerche meteo-climatologiche. E si assegnano cattedre e posti di lavoro, molti dei quali occupati proprio da ricercatori italiani, costretti a fuggire all’estero”.

Nel marzo 2015 l’allora sottosegretario alla presidenza del Consiglio, Graziano Delrio, intervenendo in audizione alla Commissione ambiente, territorio e lavori pubblici della Camera, ha affermato che “…dopo un’attesa che parte dal 2000, finalmente siamo vicinissimi all’intesa sul servizio meteorologico nazionale distribuito, che sarà un passo avanti molto importante”. Da allora, sono già passati tre mesi: è iniziata l’estate e la parola “meteo”, come già avvenuto in passato, è una delle più cercate e cliccate online. Ma esperti e cittadini, in attesa di un servizio meteo nazionale, non hanno un riferimento unico cui guardare. “L’atmosfera non ha confini, tanto più regionali. È giunto il tempo – conclude Grazzini – di allineare la meteorologia italiana agli standard dei principali Paesi europei”.

Davide Patitucci

Il mese più caldo all'osservatorio dal 2005

Dopo la stagione estiva dello scorso anno, caratterizzata dal frequente passaggio di perturbazioni atlantiche sulla regione alpina, il mese di luglio di quest’anno è stato caratterizzato da due ondate di caldo che hanno fatto registrare molti record di temperatura. La presenza quasi costante dell’anticiclone africano sub-tropicale, infatti, ha spinto sull’arco alpino masse d’aria molto calde. Solo verso la fine del mese le temperature sono calate su valori più prossimi alle medie climatiche. Nell’immagine sotto vediamo l’andamento delle temperature minime, medie e massime giornaliere misurate all’Osservatorio Meteorologico Rifugio Fiori del Baldo.

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La temperatura massima assoluta è stata registrata il giorno 6 con un valore di 22.8 °C, di quasi un grado inferiore ai 23.7 °C, registrati sia il 24 maggio del 2009 che il 21 luglio del 2006, che costituiscono i valori più elevati all’Osservatorio dal 2005 ad oggi. Se per quanto riguarda le temperature massime, quindi, non è stato raggiunto alcun record, quello che rende il luglio appena trascorso da record è la sequenza di giornate calde. Ai 1850 metri dell’Osservatorio ben 13 giornate hanno avuto massime superiori ai 20°C, 16 giorni superiori ai 19°C. Le temperature minime, a loro volta, sono scese sotto ai 10°C solamente per 4 giorni.

La temperatura media mensile è cosi risultata di 15.7 °C, la più alta mai rilevata dalla nostra stazione meteorologica dal 2005 ad oggi. Il secondo valore più elevato appartiene al luglio del 2006, quando la temperatura media mensile fu di 15.3°C.  Nell’immagine sotto l’andamento delle temperature misurate in quel mese di luglio 2006.

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Mentre nel luglio 2006 la media delle temperature massime fu di 19.2°C, superiore di 0.5°C al luglio di quest’anno, la media delle minime fu di 1°C inferiore rispetto a quella del mese appena trascorso. A rendere eccezionalmente caldo il mese di luglio 2015, quindi, sono state le temperature minime molto elevate, tendenza rilevata su tutto l’arco alpino.

 

Consigli pratici dagli esperti su come convivere con fenomeni meteo intensi

La stagione delle piogge è alle porte

I consigli degli esperti su come convivere con fenomeni meteo intensi, in maniera consapevole e informata.

L’imminente arrivo dell’autunno, stagione caratterizzata da piogge e fenomeni temporaleschi anche violenti e persistenti, ripropone il tema della difesa del territorio dal rischio idrogeologico e delle modalità di gestione dell’emergenza e comunicazione con la popolazione durante eventi potenzialmente pericolosi. Proprio su questo ultimo punto la Lista il cui sito www.previsorideltempo.it, che raccoglie oltre 80 professionisti italiani che operano nel settore della meteorologia in centri istituzionali operativi e di ricerca, nazionali ed esteri, ha pensato di fornire alcuni consigli su come reperire informazioni aggiornate nel complesso quadro italiano in materia di allerta meteo-idrologica. Negli ultimi anni si sono affacciati sulla scena nazionale operatori commerciali che diffondono informazioni meteorologiche, spesso allarmistiche e con un dettaglio spaziotemporale non verosimile, e che di recente hanno anche iniziato a diffondere avvisi in occasione di eventi potenzialmente avversi. In qualità di esperti del settore, ci permettiamo alcune considerazioni fondamentali: innanzi tutto non è attualmente possibile fare delle previsioni meteorologiche di dettaglio attendibili per oltre 2-3 giorni di scadenza. Dato il livello di incertezza, le indicazioni che vengono fornite nei bollettini meteorologici devono essere considerate per un’area di circa 1000 kmq, ovvero grosso modo quanto una provincia media italiana. Inoltre, l’allertamento preventivo della popolazione non dovrebbe sottostare a regole commerciali o di spettacolarizzazione; è doveroso, infatti, che i cittadini siano tempestivamente informati, ma questo deve avvenire tramite i centri istituzionali, statali o regionali, dove lavorano da anni professionisti di comprovata esperienza, che si assumono tra l’altro la responsabilità delle loro azioni. La diffusione dell’informazione e la messa in campo di tutte le azioni preventive è di esclusiva competenza del Servizio Nazionale della Protezione Civile e si basa sulle previsioni fornite dai Centri Funzionali Decentrati (CFD), in un meccanismo di concertazione e condivisione delle informazioni coordinato dal Centro Funzionale Centrale (CFC). Ogni regione o provincia autonoma, sulla base delle informazioni meteorologiche elaborate dai vari Centri Funzionali, emette una propria allerta meteo o idrogeologica che viene diramata a tutti gli enti istituzionali competenti e alla stampa. Sempre la Rete dei Centri Funzionali si occupa, ed è in grado di fornire, il monitoraggio continuo dei fenomeni in atto. Sulla base delle allerte emesse dai CFR, i Comuni interessati devono compiere le azioni specifiche e adottare le misure opportune, secondo quanto indicato nel piano di emergenza comunale in base al grado di allerta. Ad esempio se è previsto il livello più alto di allerta (il rosso) il piano di emergenza comunale deve contenere le norme di comportamento e le azioni specifiche da compiere in quella evenienza. La legge attribuisce alle autorità di protezione civile sul territorio, ovvero ai Sindaci di tutti i Comuni italiani, il difficile compito di comunicare alla popolazione situazioni di rischio imminente. Molti Comuni stanno adottando anche canali di comunicazione sui Social (Twitter, Facebook) per arrivare alle persone in maniera tempestiva. Occorre quindi informarsi a livello locale quale canale di comunicazione, in caso di emergenza, sia stato predisposto. Invitiamo quindi i cittadini a reperire informazioni riguardati le allerte solo sui canali istituzionali e a tal proposito segnaliamo il portale www.meteoregioni.it che funge da utile collettore dei bollettini meteorologici emessi dai vari servizi meteo regionali con utili link alle pagine dei vari centri regionali. Inoltre, sul sito della protezione civile nazionale (www.protezionecivile.gov.it), alla pagine dei Bollettini di Vigilanza Meteo e Bollettini di Criticità Idrogeologica è possibile seguire l’aggiornamento giornaliero delle aree nazionali sotto Allerta Meteo e delle condizioni di rischio idrogeologico previsto. Infine, è di fondamentale importanza non dimenticare mai che viviamo in un Paese dal territorio fortemente dissestato, con molte zone ad elevata vulnerabilità distribuite capillarmente in tutte le regioni e in oltre l’ottanta per cento dei Comuni; in un contesto così disastrato, le allerte sono proprio per questo atti molto importanti ma costituiscono solo un tampone, uno strumento messo a disposizione delle amministrazioni per mitigare i danni e ridurre i rischi, non sono e non possono essere provvedimenti curativi della scarsa sicurezza del nostro territorio e delle nostre città.

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E’ quindi cruciale che ciascun cittadino, indipendentemente dall’emissione o meno di allerte, si renda conto dell’importanza di essere informato su quali siano i comportamenti corretti da tenere in caso di evento avverso ai fini della propria incolumità e di quella altrui (ad esempio, durante un temporale evitare i sottopassi). Un utile guida è reperibile sul sito della protezione civile nazionale, nella sezione dedicata ai rischi. (http://www.protezionecivile.gov.it/jcms/it/view_cng.wp?contentId=CNG40289). Si segnala a questo proposito l’iniziativa a livello nazionale “IO NON RISCHIO ALLUVIONE“, promossa dal Dipartimento in collaborazione ad alcuni centri istituzionali operativi e di ricerca, e consistente in una campagna informativa e formativa nazionale di buone pratiche di protezione civile sul tema delle alluvioni, che si va ad affiancare alle campagne già esistenti per i temi terremoti e maremoti.

 

Matti per la neve: la percezione e la prevenzione del pericolo di valanghe

Un incontro ad altissimo livello informativo ed operativo sulla problematica delle valanghe e  sull’evoluzione delle problematiche meteonivologiche con esperti e tecnici di tutto l’arco Alpino era atteso da molto tempo in Italia, in particolar modo a Sud Delle Alpi.

Nei primi mesi del 1971 mi fu regalato il primo libro sulle valanghe, scritto dal noto ricercatore meteonivologico americano Collin Fraser, che in Europa trascorse tre inverni all’Istituto Federale Svizzero per lo Studio della Neve e delle Valanghe nella località nota di Davos, tuttora centro di ricerca a livello mondiale.

Cito questo fatto perchè la nuova stazione meteo installata all’osservatorio Meteorologico al Rifugio Fiori del this link Baldo dall’associazione MeteoMonteBaldo è stata costruita dalla stessa azienda Delta Ohm di Padova che attualmente è responsabile della taratura degli strumenti di rilevazione del centro di Rilevazione per lo studio della Neve e delle Valanghe di Davos (Svizzera).

Matti per la Neve ha visto la partecipazione di alcuni tra i maggiori esperti in materia di neve e valanghe. Sono intervenuti nomi di spicco, come Werner Munter, il grande esperto Mondiale sull’argomento artefice della filosofia del 3 x 3 , tecnica attualmente insegnata in tutte le scuole di sci Alpinismo e corsi di Guide nel mondo alpinistico ed escursionistico. Come Rudi Mair del Servizio Valanghe del Tirolo, il Dott. Luca Mercalli presidente della Società meteorologica italiana e della rivista Nimbus, la più autorevole rivista meteorologica italiana. Presenti pure Mauro Valt del centro Valanghe di Arabba e Gianluca Tognoni di Aineva e Meteotrentino. La dott.sa Lucia Savadori Università di Verona ha messo in risalto il problema piscicologico dell’errore cognitivo a trappole euristiche e troppa fiducia di se stessi.

Sono emerse alcune considerazioni molto significative dai vari relatori.  Luca Mercalli ha toccato un argomento mportantissimo, l’affidabilità delle previsioni, dicendo che vi sono troppe informazioni superficiali, e che previsioni attendibili non si protraggono in genere oltre le 48 ore. Egli ha inoltre spiegato il compito non sempre facile dei previsori meteo, dicendo di diffidare di previsioni a più giorni. Il responsabile del centro di Arabba ha fatto notare che con Rischio Valanghe 3 si ha un potenziale valore di pericolo 8 e con un rischio 2 si ha un potenziale di rischio 4 , e ha concluso che nessuna attività umana e senza rischio della vita..

Altro dato molto interessante l’inverno più nevoso risale al 1930 – non che l’ultima stagione non si sia dimostrata meno nevosa negli ultimi 83 anni ma con un livello delle precipitazioni nevose fermatesi oltre i 1300/ 1400 mt (effetto che dimostra ancora una volta l’influenza dell’aumento della temperatura globale).

I maggiori incidenti da valanga si sono registrati in Italia nel 1984, mentre un’altra analisi che fa molto pensare dice che la maggior parte di chi frequenta la montagna d’inverno ignora il bollettino delle valanghe circa il 50% e per il 70% crede di saperne di più .

Werner Munter guru delle valanghe, ha ribadito Imparate a gestire il rischio , da quando e stato introdotto il suo metodo Metodo deL 3 X 3 nel lontano 1992/1993 in 20 anni di applicazione si è registrato un Morto su 20.000 frequentatori della montagna invernale che ne hanno fatto uso. Un nuovo libro che vale la pena di leggere  è  Libertà di Rischiare.

Chi volesse approfondire l’argomento del metodo Werner Munter 3 x 3 mi contatti tramite MeteoMonteBaldo.

Buon inverno

Gabriele Lazzarini

S.V.I. – C.A.I.

Come interpretare le previsioni meteo, i consigli di Luca Mercalli

Apparso sul sito visittrentino.it, riportiamo in questo articolo il testo integrale del Meteodecalogo di Luca Mercalli, un insieme di regole e consigli per interpretare al meglio le previsioni meteorologiche.

Per utilizzare al meglio le previsioni meteorologiche che oggi circolano su ogni mezzo di comunicazione, bisogna conoscerne vantaggi e limiti e acquisire familiarità con un prodotto che nasce da un lavoro scientifico internazionale di estrema complessità, ma che poi viene spesso banalizzato e distorto.

Luca Mercalli è un noto meteorologo e climatologo italiano (http://it.wikipedia.org/wiki/Luca_Mercalli).

1) Le previsioni non sono certezze , se no non si chiamerebbero così; la meteorologia ha tuttavia fatto enormi progressi negli ultimi decenni ed è una scienza matura ed internazionale che ogni giorno si mette alla prova con un pubblico vastissimo.

2) Una previsione affidabile oggi non si spinge oltre i 3-5 giorni ; tuttavia i modelli matematici elaborano per gli addetti ai lavori informazioni fino a circa 10 giorni, ma con affidabilità non sufficiente alle necessità della vita quotidiana. Diffidate delle fonti che diffondono dettagliate previsioni oltre una settimana. Oltre i due giorni ci si può fare un’idea generale della situazione attesa ma è bene aggiustare il tiro consultando via via bollettini più recenti in modo da non rimanere condizionati da una previsione nel frattempo mutata. La previsione meteo è come il latte fresco: scade in fretta!

3) Attualmente la probabilità di successo di una previsione a 24 ore per la presenza-assenza di pioggia può raggiungere il 90% , un valore molto elevato, ma in un anno significa che ci saranno pur sempre almeno 36 giorni di previsione errata: e se cadono tutti nei week-end, si notano di più. Al secondo giorno la probabilità di successo scende attorno all’80% e cala più o meno rapidamente oltre il terzo giorno. Prevedere tempo sereno per alcuni giorni sotto un vasto anticiclone lento a evolvere (alta pressione) è più affidabile che prevedere fenomeni in una situazione ciclonica (bassa pressione).

4) In estate prevedere i temporali in termini di luogo e di orario è ancora praticamente impossibile : si può identificare la situazione favorevole al loro sviluppo ma non il luogo www.viagracanadapharmacybest.com preciso e l’intensità del loro verificarsi. D’inverno è la quota della neve uno degli elementi più incerti: può variare talora di qualche centinaio di metri rispetto all’altitudine attesa.

5) La valutazione del successo di una previsione dipende dalle necessità dell’utente : un conto è il tempo atteso su un territorio come una grande città per un’intera giornata, un altro la festa di compleanno nel giardino di casa alle ore 15. E’ generalmente facile prevedere il tempo molto bello o molto brutto mentre gli effetti delle deboli perturbazioni sono molto più incerti.

6) Non tutte le fonti di informazione meteo sono uguali e affidabili : si va dai servizi pubblici nazionali e regionali, che dovremmo utilizzare con convinzione in quanto pagati con le nostre tasse, ai siti web commerciali o amatoriali talora meno attendibili o aventi finalità differenti dalla sola informazione meteo, come la diffusione di pubblicità.

7) In Italia, oltre all’Aeronautica Militare, i servizi meteo pubblici locali sono autorevoli e conoscono meglio la climatologia del territorio ma sono frammentati a livello regionale, qui l’elenco: www.nimbus.it/italiameteo/italiameteo.htm; I servizi meteorologici di tutto il mondo sono coordinati dall’Organizzazione Meteorologica Mondiale, agenzia delle Nazioni Unite con sede a Ginevra: www.wmo.ch

8) Le previsioni “a icone” su singolo comune sono quasi sempre generate automaticamente dai modelli matematici, senza l’intervento del meteorologo , e quindi quasi mai esaustive: non si può riassumere in un “fumetto” la complessità di una giornata variabile, con sereno al mattino, nubi cumuliformi al pomeriggio e un temporale occasionale sui monti in serata. Vi fareste fare una diagnosi medica con un’icona? Le previsioni a icone sono valide solo se interpretate dal meteorologo e dettagliate su varie fasce orarie della giornata. I bollettini testuali sono un po’ più lunghi da leggere ma aiutano a farsi un’idea più corretta delle sfumature locali e descrivono anche la ragione del tempo atteso, da dove arrivano le perturbazioni, qual è la natura delle masse d’aria in gioco.

9) Le previsioni non servono solo per la giornata in spiaggia o l’escursione in montagna , ma salvano vite umane in caso di eventi estremi e aiutano a far funzionare trasporti aerei, marittimi e terrestri, acquedotti e centrali elettriche, edilizia, agricoltura. E’ un invito a non banalizzarle e ad averne rispetto come qualsiasi altro prodotto del lavoro umano. E ricordate che, come disse il generale britannico Robert Baden-Powell, fondatore degli Scout, “Non esiste buono o cattivo tempo, ma solo buono o cattivo equipaggiamento”.

10) La presenza di nuvolette o goccioline nelle icone meteo non significa necessariamente dover rinunciare alle proprie vacanze o escursioni, spesso basta un semplice capo di vestiario o una corretta pianificazione degli itinerari per godere degli spazi aperti e naturali anche senza un cielo terso. Questo vale sempre in montagna, dove il tempo può cambiare in fretta. In inverno è poi fondamentale consultare i bollettini neve e valanghe (www.aineva.it) prima di effettuare un escursione in alta montagna.

 

 

Alle pendici del Monte Baldo il primo festival italiano della meteorologia

Si terrà alle pendici del Monte Baldo, a Rovereto, il 16-17 Ottobre 2015 il primo festival italiano interamente dedicato alla meteorologia (www.festivalmeteorologia.it). Organizzato dal Gruppo di Fisica dell’Atmosfera dell’Università degli Studi di Trento, il festival riunirà moltissimi appassionati e professionisti del settore.

«Con il Festivalmeteorologia – spiega il responsabile scientifico Dino Zardi dell’Università di Trento – vogliamo proporre un contributo alla diffusione e al consolidamento di una cultura meteorologica di base, attualmente carente in Italia, ma sempre più necessaria per poter comprendere e interpretare la mole di informazioni meteorologiche quotidianamente diffusa dai vari mezzi di comunicazione. In questo senso il Festival sarà un’occasione unica di incontro tra le diverse realtà della meteorologia italiana. La manifestazione riunirà gli operatori dei servizi meteorologici, istituzionali e privati, i professionisti e le aziende che operano nel settore, i ricercatori, gli utenti dei servizi e dei prodotti meteorologici, gli appassionati di meteorologia e arriverà a coinvolgere docenti e studenti delle scuole di ogni livello e il grande pubblico in generale».

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Il novembre più caldo degli ultimi 10 anni, e non solo…

Dopo i record registrati nel mese di luglio, il più caldo all’Osservatorio meteorologico Rifugio Fiori del Baldo dal 2005, anche novembre ha fatto registrare altri record di caldo.

Con una temperature media mensile di 5.3°C, novembre 2015 è stato il più caldo sul Baldo dal 2005, battendo il record precedente di 4.1°C del 2011. Anche le temperature minime e massime medie mensili sono state le più elevate, rispettivamente di 3.0°C e 7.8°C. Anche se il nostro archivio di 10 anni non è abbastanza lungo per cogliere i segnali del cambiamento climatico, i record di caldo che continuamente registriamo e puntualmente abbattiamo si situano all’interno della tendenza al riscaldamento globale che oramai in pochi hanno il coraggio di negare.

Una curiosità: bisognava risalire al primo settembre di quest’anno per trovare temperature massime più elevate di quelle registrate all’osservatorio dal giorno 8 al giorno 11 novembre (comprese tra 15.6°C e 16.9°C). In altre parole, le massime giornaliere di settembre e ottobre sono state inferiori a quelle del periodo 8-11 novembre (escludendo il 1 settembre).

Inutile dire che anche il record di temperatura massima giornaliera per il mese di novembre è stato abbattuto, con un valore di 16.9°C registrati per ben due giorni consecutivi il 9 e 10 novembre. Il record precedente, di 14.2°C, era stato registrato lo scorso anno, il giorno 24 novembre.

Ovviamente novembre ha fatto registrare record di caldo non solo sul Monte Baldo, ma anche su tutta la catena alpina. In Trentino, ad esempio, molti valori di temperatura sono stati tra i più alti mai registrati. Per esempio, a Lavarone a 1155 m di quota la temperatura media mensile è stata la più alta dal 1925 (fonte MeteoTrentino). In Svizzera, la stazione meteo del Gran San Bernardo a 2470 m, ha registrato il 12 novembre una massima di 11,9 °C, il valore più alto mai misurato in novembre nei 152 anni della stazione e di oltre 2 °C superiore al precedente record del 1977. Anche la temperatura media giornaliera è salita a valori da primato in numerose stazioni. In Canton Ticino, a Cimetta, a 1660 m, il 10 novembre la massima ha raggiunto 20,3 °C, ben 3 °C oltre il precedente record, mentre la temperatura media, con 15,5 °C ha superato il precedente primato di 1,5 °C (fonte MeteoSvizzera).

Da sottolineare infine che ad oggi anche il mese di dicembre sta facendo registrare la temperatura media mensile più elevata all’Osservatorio Rifugio Fiori del Baldo dal 2005, e la tendenza meteorologica a lunga scadenza non vede significativi abbassamenti della temperatura fin quasi alla fine del mese. Anche dicembre 2015, quindi, ha buone probabilità di abbattere i precedenti record di caldo.

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