I cannoni antigrandine, tra scienza e speranza…

Il primo cannone antigrandine fu progettato alla fine del 1880 dall’ austriaco Albert Stiger, produttore di vino. Ma già dal Medio Evo l’ uomo era convinto che il forte rumore poteva essere uno strumento utile per mitigare i danni prodotti dalla grandine.
Basti pensare che inizialmente (e in alcuni posti ancora oggi) venivano fatte suonare le campane per scongiurare i potenziali danni di un temporale in arrivo. Questo nell’ 8° secolo, e soprattutto nei paesi del Sud Europa. Nel 14° secolo si iniziarono a potenziare i decibel usando colpi di fucile verso le nubi considerate minacciose fino ad arrivare al vero e proprio cannone antigrandine alla fine del 1800: alto 2 metri, in acciaio, a forma di cono, molto simile ad una ciminiera della locomotiva, all’ interno del quale veniva caricata la polvere da sparo. L’esplosione causava la fuoriuscita di fumo verso l’alto e allo stesso tempo un fragoroso rumore. Fu subito un successo l’invenzione di Stiger, specie tra gli agricoltori, convinti che il cannone potesse riparare dai danni provocati dalla grandine.
antigrandine
Ecco quindi che che dall’ Austria il progetto prese piede velocemente in Francia, Germania, Italia e Austria tra il 1897 e il 1898. Nel 1900 si contavano più di 10.000 cannoni soltanto in Italia e sempre nello stesso anno, durante la fiera di Padova, vennero presentati qualcosa come 60 modelli di cannoni antigrandine. Tra questi, veri e propri mostri dell’ altezza di 9 metri e dal peso di 9000 kg. Nello stesso periodo vennero presentati i primi modelli caricati a gas al posto della polvere da sparo, così che il processo di esplosione divenne più rapido. Nel 1899 ci fu addirittura il Primo Congresso Internazionale del cannone antigrandine, (Hail Shooting- Casale, Italy). Ma il boom, nel vero senso della parola, ebbe vita breve: i primi danni causati dalla grandine su terreni coltivati, nei quali erano stati installati i cannoni antigrandine, decretarano il flop del progetto nell’ arco di qualche anno.
Dopo la Seconda Guerra Mondiale la ricerca scientifica portò all’ uso di sostanze all’ interno delle nubi per modificare il meccanismo di formazione della grandine e della pioggia. Ci fu una richiesta sempre maggiore di questi prodotti, specialmente sopra le aree agricole. Questa pratica però risultava molto costosa, motivo per il quale la richiesta del cannone antigrandine tornò a crescere, specie negli anni 70′ quando vennero depositati i primi brevetti relativi a cannoni antigrandine ad acetilene. Ad oggi, i moderni cannoni antigrandine sono alti circa 6-8 metri e come combustibile viene usato acetilene o gas propano. L’ attivazione dell’ esplosione è elettronica e vengono sparati circa 15 colpi ogni ora. I produttori indicano che il cannone deve entrare in funzione circa 30 minuti prima dell’ arrivo del temporale e che la sua efficacia si estende a 190 ettari.Costruiti con materiali di elevata qualità (accaio inox) e costi sempre inferiori si ritengono una valida alternativa all’ uso di reti antigrandine o delle assicurazioni. Serie di cannoni si trovano negli Stati Uniti, Nuova Zelanda, Australia, India, Sud America, Messico ed ancora una volta in Europa.
Ma questi cannoni, funzionano davvero?

Il principio di funzionamento http://essaywritingstar.com/ si basa su una teoria scientifica tutta italiana, la “cavitazione”. L’enorme alterazione della pressione causata al passaggio di una potentissima onda d’ urto è in grado di creare sacche di vapore all’ interno delle gocce di pioggia e vaporizzare piccole gocce d’ acqua eventualmente intrappolate all’ interno dei chicchi di grandine. Appena passata l’ onda, le sacche di vapore non trovano più le condizioni termodinamiche per resistere alla tensione superficiale del liquido ed implodono. Così facendo, rompono in pezzi più piccoli sia le gocce di pioggia, sia i chicchi di grandine.

Teoria che non fa una piega. Ma passiamo ai dati pratici: a 100 metri di altezza il cannone sviluppa una pressione pari a 1,5 hPa, a 4 km di altezza 0,033 hPa. (studi effettuati da: Groupement Interdipartimental d’Etudes des Fléaux Atmosphériques di Valence e l’Ecole Nationale Supérieure d’Arts et Métiers di Parigi).

Andiamo quindi a 100 metri dal suolo: la pressione di 1,5 hPa corrisponde ad una forza di 0,0015N su ogni millimetro quadrato di superficie. Il diametro medio di un chicco di grandine: 10 mm. Su ogni chicco quindi agisce una forza d’ urto di 1,95N. Una forza del genere riesce a tener sospeso nell’ aria qualcosa come una pallina da baseball del peso di circa 200 grammi. Andiamo più su, a 4000 metri dal cannone. Qui la forza d’ urto in arrivo da terra riesce a tenere sospesa in aria una monetina da 10 centesimi di Euro ( qualcosa come 4 grammi). Considerando che la grandine si forma generalmente sopra i 5000 metri e ogni chicco in media pesa 5-10 grammi, e che all’ interno di un temporale le correnti ascensionali e discensionali (verso l’alto e verso il basso) superano velocità di 100 km-h riuscendo a trascinare oggetti del peso di decine di chili, si capisce che l’onda d’urto generata dai cannoni è davvero troppo debole per rompere i chicchi di grandine e le goccioline d’acqua.
Il cannone antigrandine, per chi lo installa, è quindi solamente una spesa inutile per il semplice fatto che non ha nessuna efficacia nel contrastare la caduta di grandine. Tale costo varia dai 10 ai 20 mila euro.
Davide Dalla Libera
(dati elaborati da Michele Salmi)